Tratto da giornale UICI – Premana per vivere, sentire, toccare e gustare la vita di un tempo – di Angela Gianola

Sabato 13 Ottobre un folto gruppo di soci e amici dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Lecco, ha partecipato a una visita guidata alla manifestazione
“Premana rivive l’antico 2018” giunta ormai alla decima edizione.
Premana è un paese di 2200 abitanti, posto a 1000 metri di altitudine in provincia di Lecco, noto per la sua produzione di forbici e coltelli.
La manifestazione che si svolge ogni 2 anni, rappresenta uno spaccato della vita quotidiana degli abitanti del paese, agli inizi del 1900, e richiama migliaia
di visitatori (quest’anno circa 8000) grazie all’ormai consolidata organizzazione e alla collaborazione degli abitanti del paese (i figuranti erano circa
500).
Si snoda su un percorso di circa 2 chilometri, partendo dal fondo valle, dove è stata ricostruita una ruota di legno simile a quella dei mulini che, grazie
all’acqua del vicino torrente, fa muovere i magli all’interno delle officine per la lavorazione del ferro. Nelle vicinanze si possono vedere i minatori
e i taglialegna al lavoro e i carbonai che preparano il carbone, indispensabile nelle stesse officine.
Proseguendo lungo il percorso verso il paese, si possono osservare le donne al lavoro nei prati e nei piccoli campi o mentre accudiscono il bestiame nelle
stalle.
Sono sempre le donne che, con il latte delle mucche e delle capre, preparano burro, formaggio e ricotta o che fabbricano il sapone che utilizzeranno per
lavare i panni.
Nonostante la vita difficile, gli abitanti riuscivano anche a trovare il tempo per divertirsi in compagnia. Lungo il percorso è possibile vedere la rappresentazione
di una di queste feste che, per la verità si fanno ancora oggi.
Al termine della monticazione del bestiame, in ogni alpeggio si festeggiava con il Past, facendo bollire, in un grosso calderone, una pecora o un montone;
con il brodo si faceva poi una squisita minestra, quindi si mangiava tutti in compagnia, accompagnando il pasto con vino e canti.
Poiché, nelle precedenti 2 visite, il gruppo dell’Uici non era riuscito a terminare il percorso, per mancanza di tempo, quest’anno si è deciso di trascurare
la prima parte della manifestazione per approfondire meglio quella all’interno del paese.
Accompagnati dalle nostre 2 guide, Maria ed Efrem, che si sono dimostrate molto disponibili e attente alle nostre esigenze, abbiamo iniziato la visita
assistendo alla preparazione delle salamelle, con un impasto costituito, prevalentemente, da carne di maiale.
Abbiamo quindi visitato l’antico forno, dove le donne portavano, per farle cuocere, le loro pagnotte di farina di segale.
Proseguendo la visita nel vecchio nucleo del paese, siamo entrati nelle case, costituite spesso da 2 o 3 piccoli ambienti, totalmente privi di qualsiasi
confort, senza servizi e riscaldati solo da un camino o da una piccola stufa in cucina.
In queste povere case, abbiamo assaggiato formaggi, salumi e prodotti della gastronomia locale.
I panni si lavavano al lavatoio pubblico, per gli abiti maschili si andava dal sarto, mentre quelli femminili venivano tagliati e cuciti dalle stesse donne.
L’abito di tutti i giorni era il coton, la cui lunga gonna plissettata, richiedeva molto lavoro per mantenere in buono stato le piccole pieghe. Il coton
veniva completato da una camicia bianca con le maniche a sbuffo ricamate e con i pizzi, da un grembiule scuro e da un foulard per le spalle.
Ma il vero capolavoro era il morel, l’abito da sposa, ricco di pizzi e di ricami.
Ogni donna del paese li possiede entrambi ancora oggi, anche se li indossa molto raramente.
Abbiamo visto anche un antico telaio, grazie al quale, utilizzando stoffe di scarto, si fabbricavano i borash, piccole coperte da mettere sulle spalle
per proteggerle, quando si utilizzava la gerla. La tosatura delle pecore era di solito affidata agli uomini, ma la cardatura e la filatura della lana,
così come il confezionamento di maglioni e calze, era esclusivamente compito delle donne.
Le donne, partendo da una soletta di gomma, fabbricavano anche i scapin, pantofole di velluto che, insieme agli zoccoli in legno fabbricati dagli uomini,
costituivano le calzature di tutti i giorni.
Gli uomini, oltre agli zoccoli, fabbricavano rastrelli, gerla, collari in legno per le capre, bastoni dal manico ricurvo, attrezzi per la lavorazione del
latte, come le zangole, attrezzi per la casa come scodelle, sedie, culle ecc.
Agli inizi del 900 si iniziava l’attività che avrebbe fatto conoscere Premana in tutta Italia, cioè la fabbricazione di forbici e coltelli.
Non poteva mancare la visita a una stamperia e, quindi, a un’officina dove ci sono state mostrate tutte le fasi della lavorazione di questi articoli da
taglio.
Ma a Premana si fabbricavano e si fabbricano ancora i campanacci per le mucche e per le capre e noi abbiamo potuto assistere anche alle varie fasi di questa
lavorazione.
I premanesi erano bravi anche nella lavorazione del ferro battuto, alcuni di loro sono emigrati a Venezia dove fabbricavano i ferri per le gondole.
I loro discendenti sono tornati a Premana, in occasione della manifestazione, per mostrare la lavorazione del ferro battuto.
Naturalmente non poteva mancare l’addetto alla lavorazione e alla pulizia dei paioli in rame, molto utilizzati nella lavorazione del latte e per fare la
polenta, piatto che costituiva la base dell’alimentazione.
Non sono mancati momenti di coinvolgimento e di emozione, come quando, in piazza del Consiglio, abbiamo ascoltato il gruppo dei coscritti cantare la canzone
il minatore.
Il museo etnografico, che raggruppa in un unico spazio, la storia e le tradizioni del paese, è stato l’ultima tappa della nostra visita.
Siamo quindi risaliti sul bus di linea per il rientro, stanchi ma soddisfatti.

Angela Gianola
Referente Commissione Regionale Ipovedenti

Questo articolo è stato pubblicato in data 25 ottobre 2018 nella categoria Dicono di noi